venerdì 30 marzo 2012

LO del mese Prima: Febbraio!!

Ecco il LO sul mese di Febbraio... come dicevo per il Lo di gennaio questa è solo la prima pagina, alla fine mi riesce proprio impossibile concentrare un mese in uno o due pagine e quindi il mip LO del mese prima si sta tramutando in una specie di Mega Diario Scrappato... Immagino che rivederlo tra un anno sarà divertente...

Detto questo, fotografare i page protector è un'impresa titanica: ci sono riflessi ovunque!!

domenica 25 marzo 2012

52 Week Project 2012 - 12 settimana

Settimana faticosissima per via del lavoro e la prossima sarà mille volte peggio...questo, quindi, è il mio antidoto: marshmallow in quantità industriale. Ridanno il buon umore, già solo a guardarli!


lunedì 12 marzo 2012

Report Di Viaggio: Istanbul 5-9 Novembre 2011

1ISTANBUL 2011


Sabato 5 Novembre: Si parte?

Si, no, forse...insomma fino all'ultimo proprio non ne siamo sicure.
Un terremoto in Turchia orientale, un attentato ad Ankara e una alluvione che ha messo in ginocchio Genova giusto il giorno prima della nostra partenza. Questi gli idilliaci presupposti del nostro viaggio ad Istanbul. E visto che le mie compagne di viaggio sono loro, le terribili tre, Paola, Ste e Lalla, amorevolmente soprannominate "Le Unne" dal mio adorato marito, non credo ci si potesse aspettare di meno.
Il venerdì i miei programmi prevedono di andare a lavorare tranquilla, uscire presto e filare a casa dove dedicarmi con calma alla valigia.
Invece all'una siamo costretti a scappare letteralmente dall'ufficio mentre la città viene allagata dalla pioggia più feroce dell'ultimo decennio. Rischio letteralmente la vita mentre cerco di tornare a casa dove trovo l'ingresso allagato, mia madre nel panico e la gatta isterica.
Sabato mattina i segni dell'alluvione sono ancora ben visibili sulla città. C'è ancora allerta meteo 2, il divieto di circolazione per i mezzi privati, i centralini di polizia, taxi ed informazioni sulla viabilità sono totalmente intasati. Il cielo è scuro fino all'inverosimile e promette disastri come il giorno precedente e per di più, a casa mia, manca pure l'acqua.
Un'incauta fiducia nella mie capacità mi ha inoltre portato a tagliarmi la frangetta da sola e il risultato non è dei migliori: la mia frangia assomiglia ad un cannolo siciliano posato sulla mia fronte, alla meno peggio sembra che io abbia in testa una parrucca modello casco di banane.
Insomma, qualsiasi altra persona avrebbe accettato la sconfitta e disfatto le valige con la consapevolezza che al destino non si può far guerra.
Ma noi non siamo dello stesso avviso. I telefoni iniziano a squillare già alle sette del mattino, mentre ci scambiamo informazioni feroci. Nessuna di noi sa bene come fare, ma siamo decise ad arrivare in aeroporto dovessimo pure farlo a nuoto. Quindi ce ne freghiamo delle ordinanze del sindaco, del meteo, degli avvertimenti del resto del mondo e usciamo decise ad arrivare in un modo o nell'altro a destinazione.
E alle dieci e mezza siamo tutte in aeroporto.
Tutte tranne la Ste, è chiaro, che fatica ad essere puntuale anche se ci vediamo sotto casa sua, figuriamoci se deve attraversare una città alluvionata.
Siamo un po' in anticipo, ma questo ci permette di riuscire a passare il check-in e controlli di sicurezza con una certa tranquillità, e nonostante l'addetto ai documenti sussulti letteralmente di fronte alla mia carta d'identità (e questa non è certo la reazione che una donna sia lieta di suscitare), l'aereo parta con un'ora di ritardo e il cielo sia scuro e minacci pioggia riusciamo ad imbarcarci e a decollare prima che il nubifragio si abbatta nuovamente sulla città.
Solo un altro piccolissimo intoppo ci si para di fronte, tutti i bancomat dell'aeroporto sono fuori uso a causa del maltempo e cosi, dopo aver fatto una colletta per rimediare una scatola di biscotti, della cioccolata e una bottiglia d'acqua ecco che ci apprestiamo a partire per la Turchia senza un euro in tasca...ma siamo troppo contente per lasciarci turbare da una inezia del genere
L'arrivo ad Istanbul dopo tre ore di piacevolissimo è entusiasmante. L'aeroporto è gigantesco, la macchina ci aspetta all'uscita e facciamo fin da subito la conoscenza con la folle guida dei turchi, ci inerpichiamo per le stradine di Sultanahmet e veniamo depositate di fronte al nostro adorabile albergo, dove ci accoglie un concierge gentilissimo e una stanza che per una volta non è una topaia. Tutti i letti, stanno in piedi senza bisogno di essere tenuti assieme col fil di ferro, il bagno è bello grosso, le lenzuola pulite, c’è spazio a sufficienza per muoversi in quattro e la doccia è il triplo di quella che ho in casa. Insomma ci chiediamo dove sia la fregatura!
Facciamo una doccia e ci buttiamo subito per la strada per cercare di godere fin da subito di uno scampolo di città. Giriamo rifacendoci gli occhi con le bellissime vetrine, e alla fine scegliamo l'ultimo ristorante della strada, la cui migliore attrattiva è il cameriere, 18 anni al massimo, che mi allieta subito il soggiorno chiedendo se la Ste sia mia madre e questo affronto le rimarrà appiccicato addosso per tutta la vacanza (e per i prossimi otto secoli visto che non ho nessuna intenzione di lasciare che se lo dimentichi).
A questo punto torniamo in camera e crolliamo addormentate in meno di ventisette secondi…Istanbul ci piace già da morire.

Domenica 6 Dicembre

Urla strazianti ci svegliano all'alba delle sei e mezza, la luce fa timidamente capolino dalle finestre tirate e proprio fuori dalla nostra finestra qualcuno viene scuoiato vivo.
Il tempo di sbarrare gli occhi e reinserire la spina del cervello e ci rendiamo conto che a svegliarci non sono state le grida di un condannato a morte, ma il salmodiare del Muezzin. Perchè aver trovato un albergo immerso nel centro pulsante della Istanbul antica ha sicuramente attrattive notevoli, ma anche il piccolo inconveniente di essere letteralmente ad un metro dalla moschea blu, con tutto ciò che ne consegue.
Alle litanie dei Muezzin ci abitueremo presto, visto che fanno parte della colonna sonora di Istanbul stessa e ormai siamo sveglie, quindi pronte a lanciarci alla scoperta della città.
Se fossimo in un film salteremmo fuori dai letti sprizzanti energia da tutti i pori e invece lasciamo indecorosamente passare un'ora rigirandoci nel letto, nascondendo la testa sotto i cuscini e lamentandoci della luce prima di trovare il coraggio di strisciare fuori dai nostri letti per iniziare la complicatissima impresa di prepararsi (e per quanto rodate e affiatate, 4 donne che si contendono un bagno e lo spazio vitale per trucco e parrucco, sono sempre problematiche)
Riusciamo a perderci anche cercando di salire in terrazza per la colazione e anche se caffè e pietanze, per quanto abbondanti, lascino decisamente a desiderare, la vista è semplicemente spettacolare...e tanto basta per metterci di buon umore.
Per di più niente decisioni faticose da prendere per la nostra prima giornata turca: Lalla ci ha preparato una sorpresa e chiede solo di essere seguita senza fare troppe domande. E' chiaro che la conosciamo abbastanza per sapere che la sua mente potrebbe aver partorito ogni sorta di assurdità ed è per questo che salendo sul taxi che ci aspetta di fronte all'albergo siamo un tantino preoccupate. Invece quello ci porta fino al ponte Galata e lì incontriamo, ovviamente solo dopo esserci doverosamente perse mentre giriamo su noi stesse, un gruppetto di persone con cui scopriamo che passeremo l’intera giornata. La nostra meta: una visita guidata per i quartieri di Fatih, Fener e Balat, quelli in cui i turisti non arrivano mai. Insomma, una giornata nella vera Istanbul.
Il miglior modo in assoluto per cominciare la vacanza.
La giornata è bellissima, e la passiamo girellando per stradine in cui non si vedono altri turisti oltre noi. La guida è simpatica e ci inonda di aneddoti e spiegazioni. Una delle prime cose che ci dice è che Istanbul è una città ad alto rischio sismico e ce lo ripeterà giulivo praticamente ogni volta in cui ci troveremo a guardare una casetta diroccata o un muro dall'aria pericolante. Tanto per gettarci in faccia la solita ventata di ottimismo.
Un'altra cosa che ci spiega fin da subito è che Istanbul ha sette colli, come Roma, ma che è grossa sette volte tanto.
Che abbia sette colli saremo costrette a ricordarcelo spesso, visto che passiamo la giornata ad inerpicarci per stradine ripidissime e altrettanto ripidissime discese, ma che sia così tanto più grossa di Roma proprio non lo vogliamo credere e continuiamo a pensare che il suo sia campanilismo bello e buono, fino a che, quando arriviamo sul cucuzzolo di una collina siamo costrette ad ammettere che ovunque ci si giri non siamo in grado di vedere il limite di questa città assolutamente immensa. Immensa e bellissima, piena di contraddizioni con in cui coesistono macchine moderne e lustrascarpe, negozi di dolci che farebbero resuscitare un morto e moschee che levano il fiato.
Ma una delle informazioni che ci viene data ci getta nello sconforto: siamo arrivate ad Istanbul proprio il primo giorno della festa del sacrificio, quando la città è parata a festa e i bambini girano per le strade facendo l'equivalente dell'americano "dolcetto o scherzetto" e questo è bene, peccato che in tutti e 4 i giorni della nostra permanenza il Gran bazar rimarrà chiuso. E questo è male, anzi malissimo visto che eravamo decise a dar fondo ai nostri stipendi tra bancarelle di spezie e monili d'argento. Insomma per un po' la delusione è bella forte.
Ma ci sono troppe cose da vedere, sapori da provare e luoghi in cui andare per preoccuparci troppo a lungo di qualcosa e la giornata vola via tra moschee e stradine . Anche perché ha un fascino tutto particolare girare per una città dove accanto a macchine e autobus si può davvero vedere qualcuno che porta al guinzaglio due caprette senza che nessuno ci trovi nulla di strano. E Istanbul, lo capiamo subito, ha la tendenza a cambiarti sotto gli occhi da un momento all’altro. Un attimo prima si costeggiano moschee e si vedono i quartieri più conservatori e in un batter d’occhio ci si ritrova a passeggiare per quartieri che non hanno nulla da invidiare alla più occidentale e moderna delle città.
Quando la sera ci separiamo dal resto del gruppo abbiamo scattato più foto di quanti sia lecito immaginare e siamo stanche morte. Ma non riusciamo a smettere di girare. Io e Lalla, che abbiamo già fatto una puntata in una pasticceria del quartiere ortodosso rimpinzandoci di baclava non riusciamo a resistere a un succulento bis. Quindi entriamo in una pasticceria dall’aria invitante e ordiniamo the e dolcetti, il giusto per tirare fino all'ora di cena. Perchè una delle caratteristiche principali di questa vacanza è il mangiare di continuo. Istanbul è letteralmente disseminata di locali, ristoranti e chioschetti in strada e noi facciamo un punto d'onore di tentare di provarli tutti.
E tra uno spuntino e un negozio di souvenir ha il suo perché vedere la Ste che si interroga se comprare o meno una pashmina rossa, la soppesa con occhio critico lodandone i colori brillanti e il taglio alla moda e sta per drappeggiarsela intorno al collo quando il negoziante ci informa educatamente che quella che ha in mano non è una sciarpa ma un asciugamano.
Insomma quando arriviamo a cena siamo letteralmente distrutte dalla stanchezza e quindi mangiamo e poi ci trasciniamo in camera tocchiamo l'apice della nostra maturità.
Quattro donne oltre i trent'anni come possono occupare una serata in modo proficuo? Discutendo della crisi di governo imminente? Del riscaldamento globale e della necessità di passare alle energie ecosostenibili? Di famiglia o alla meno peggio di shopping e vestiti? No, noi riusciamo a fare l'una di notte aspettando che la Ste si addormenti per poi disegnarle baffi e barbetta sulla faccia con un pennarello viola, fotografarla per non dimenticare il momento e poi fare un casino assurdo solo per svegliarla e per vedere quanto ci avrebbe messo a rendersi conto dell'accaduto.
Il tutto condito da risatine tipiche dell'età prepuberale. Ovvio che visto lo spirito vendicativo della Ste siamo poi state costrette a nascondere ogni oggetto che le potesse essere utile a renderci pan per focaccia: per intenderci, Paola ha infilato sotto il letto persino la boccettina dell'acetone temendo che ce lo facesse ingoiare a forza.


Lunedì 7 Novembre

Ci svegliamo alle otto, e iniziamo il solito tran tran fatto di incastri per guadagnare il bagno senza incidenti.
Visto che non apprezziamo la colazione dell’albergo pensiamo di approfittare dei mille chioschi sparsi per la città e usciamo dopo un caffè al volo.
Prima tappa il Palazzo Topkapi.
Ora, la nostra visita presenta qualche piccolo inconveniente. Lalla infatti, se è famosa per essere Miss Dolcezza quando è di buon umore, in condizioni avverse si può tramutare nell'essere vivente più permaloso presente su questa terra.
Per qualche motivo incomprensibile ai più Lalla non ne vuole sapere di visitare il Topkapi. Punta i piedi peggio di una mucca portata al macello e passa più di un'ora a cercare di convincerci che un vetusto palazzo reale, famoso in tutto il mondo non è nulla se paragonato alla biennale di arte moderna
E hai voglia a spiegarle che se uno va ad Istanbul il Topkapi deve vederlo e che la biennale di arte moderna la fanno anche in Italia: niente da fare. Ad un certo punto, pur di non darci retta si fissa sul Museo Archeologico ed è un reato di lesa maestà farle presente che non passeremo ore a guardare ossa preistoriche turche, che ammettiamolo, sono perfettamente identiche alle ossa preistoriche italiane.
Quando partiamo per il Topkapi, quella mattina, ci parla appena, e risponde grugnendo ad una domanda su due. All'altra non risponde proprio.
E non è un buon segno.
Per di più la ressa di fronte all'ingresso del palazzo è impressionante e alla vista di tutta quella gente un brivido freddo corre lungo le nostre schiene. Quelle della Ste, di Paola e la mia ovviamente, Lalla invece freme di muta indignazione. Un po' come se la fila fosse colpa nostra, insomma.
Mano a mano che la coda, lentamente, molto lentamente, avanza Lalla fuma, ringhia, sbuffa, fuma e ci manca solo che sbavi come la bambina dell'Esorcista. Noi siamo leggermente in ansia, e visto che non mi riesce di farmi scudo col corpo della Ste (è maledettamente veloce quando vuole), mi tocca sperare di arrivare al botteghino prima che la furia si impadronisca della mia testimone di nozze e lei ci stermini tutte solo per potersene andare indisturbata.
Quando riusciamo ad entrare la nostra unica speranza è che il palazzo valga i rischi che abbiamo corso.
Per fortuna, la sua bellezza è indiscutibile, anche se è per la paura del pessimo carattere di Lalla che nessuna di noi vede il diamante più grande del mondo, perchè una volta entrate e vista la fila chilometrica che si snoda di fronte alla sua teca decidiamo tutte, per tacito accordo, che costringerla ad un'altra coda non ci avrebbe consentito di vedere il sorgere di un nuovo giorno. Quindi giriamo alla larga e ci accontentiamo dei gioielli minori (il più modesto dei quali potrebbe tranquillamente colmare il dissesto finanziario di un piccolo stato dell'africa centrale).
Grazie al cielo l'Harem, appena restaurato, è talmente affascinante da far evaporare definitivamente gli istinti omicidi di Lalla che depone l'ascia di guerra e si gode finalmente la visita. Tra la folla riconosciamo Giuseppe e Renata, marito e moglie che erano nel nostro gruppo nella visita guidata del giorno prima. E visto che ritrovarsi, per caso, in una città con dodici milioni di abitanti, più altrettanti turisti non è cosa da tutti i giorni quando ci avvistiamo tra la folla gridiamo, ci abbracciamo, intasiamo la fila e ci scambiamo pareri sulla visita. Renata che è terribilmente organizzata ci elenca almeno settemila posti che dobbiamo assolutamente vedere e poi scompare risucchiata dalla calca.
Dopo il Topkapi ci regaliamo una pausa thè dove assisto alla scena meravigliosa della Ste, che in barba al suo famoso istinto scout si aggira per il caffè in cui siamo entrate alla ricerca dei servizi igienici senza riuscire a trovarli nonostante siano segnalati a prova di non vedente. Che sita invecchiando anche lei? Che, per la prima volta, sia partita con un trolley invece che con la sua fida sacca da spalla potrebbe essere un segno lampante dell’inizio del suo degrado fisico.
Tappa successiva: la Cisterna Basilica. Una delle cose più belle che mi sia capitato di vedere. Un’enorme stanza sotterranea, col soffitto retto da decine di colonne alte più di nove metri.
Appena entrate la vista ci leva letteralmente il fiato… e l’umidità ci ammazza i polmoni, ma questo è un dettaglio secondario.
Dopo un’ora passata sotto terra usciamo e ci rendiamo conto che inizia a fare un freddo cane, così decidiamo di pranzare e riscaldarci un po’.
Ma nel ristorante che scegliamo il cameriere è piuttosto scortese e per di più il mio bancomat non vuole collaborare e già mi dispero all’idea di girare per una città come Istanbul senza un soldo in tasca.
Lo scoramento però è solo momentaneo perché finalmente riusciamo a mangiare e trovato un bancomat compiacente posso ritornare di buon umore.
Subito dopo facciamo la fila per entrare nella Moschea Blu, dove ci cimentiamo nella complicatissima operazione di levarci le scarpe senza cadere, nonostante 500 persone che premono alle nostre spalle.
La Moschea è bellissima e nessuna delle decine di foto che scattiamo riesce a renderle giustizia.
Quando ci buttano fuori è quasi l’ora della preghiera e fa un freddo terribile cosi ad un chioschetto infrangiamo uno dei principi cardine della guida che ho con me, che avverte di non consumare MAI cibi per la strada, pena le più inquietanti ritorsioni intestinali. In verità abbiamo già ceduto a castagne arrosto e succo di melagrana, ma ci siamo dette che erano cibi troppo innocui per far davvero male a qualcuno. Ma adesso ci facciamo temerarie perché non siamo assolutamente in grado di resistere di fronte ad un bicchierone di Sahalep, bevanda dolce e speziatissima assolutamente “deliziosa”, come si affretta a dire la Ste (Deliziosa è la sua nuova parola feticcio, la usa in media 12 volte l’ora per descrivere qualsiasi cosa, dai cibi alle condizioni atmosferiche).
Abbiamo le dita congelate e i bicchieri bollenti tra le mani sono un toccasana, così fermiamo un taxi e ci facciamo portare alla Torre di Galata. Quando arriviamo è buio, c’è la luna, la torre e una musica strappalacrime nell’aria. Insomma è tutto perfetto. Diamo l’assalto ad un negozio di monili, girelliamo tra i robivecchi e la Ste tenta di portarsi a casa una pistola giocattolo che sembra terribilmente vera!
Ci muoviamo a caso, seguendo gli altri e in men che non si dica veniamo catapultate nel bel mezzo della movida tura, İstiklal Caddess si snoda davanti a noi e d’improvviso sembra di essere nella più occidentale delle vie dello shopping. Noi battiamo i denti per il freddo, ma ci godiamo la passeggiata in mezzo ad un oceano di gente, guardiamo le vetrine, beviamo un caffè e diciamo cretinate. Tante cretinate.
Quando la fame si fa sentire ci infiliamo in una stradina laterale e scopriamo un dedalo di viuzze stipate di ristoranti e bancarelle e lì infrangiamo l’ultimo tabù alimentare perché io e Lalla ci lasciamo tentare da uno spiedino di cozze. L’idea che possa ammazzarci ci sfiora per un secondo appena, prima di cedere alla nostra proverbiale golosità. E anche questa è fatta.
A questo punto scegliamo un ristorante a caso, ma questa volta ci va male perché finiamo nel peggior tra quelli di visti fino ad ora: la crema di melanzane della Ste, che è allergica all’aglio, ne è talmente piena che sarebbe buona per sterminare tutta la popolazione vampirica della Transilvania, il pollo di Paola è immangiabile, le patate fritte vecchie di due giorni e le polpette mie e di Lalla ancora belano.
Per aggiungere il solito tocco di colore la Ste decide di addentare un peperoncino messo a guarnizione del suo piatto di melanzane e si produce un’ustione di terzo grado di lingua, palato ed esofago. “Appena piccante” commenta serafico il cameriere mentre lei si spegne la lingua in un bicchiere di acqua. Noi giriamo ancora un po’ e la serata finirebbe in maniera tranquilla se non ci riducessimo a discutere animatamente con un tassista sul costo di una corsa. Quandi gli chiediamo quanto costi arrivare in albergo lui spara un cifra esorbitante, noi ci dichiariamo disposte ad pagare un terzo al massimo, lui non ci vuole sentire a noi non abbiamo nessuna voglia di spendere una fortuna senza motivo, quindi ci impuntiamo. E lui ci intima teatralmente di scendere se non accettiamo la sua cifra. E altrettanto teatralmente noi scendiamo. E a quel punto siamo in una fase di stallo perché lui non vuole perdere le clienti e noi non vogliamo farci spennare solo perchè è tardi e siamo straniere. Così’ ci accordiamo per una decorosa via di mezzo (troppo per noi e poco per lui), ma abbiamo salvato l’onore e posiamo farci riportare in albergo dove i letti ci aspettano invitanti.
Per altro fatico ad addormentarmi: contrattare sarà anche divertente per i più, ma a me mette un’ansia terribile!


Martedì 8 Novembre

Il nostro ultimo giorno ad Istanbul.
Ora, una caratteristica di questa vacanza è il numero delle pause pranzo_cena_colazione_e_spuntino che ci concediamo. Tutti i nostri pellegrinaggi sono accompagnati da un innumerevole elenco di soste ad alto contenuto calorico anche perché, in Turchia, persino il the è così zuccherato da provocare un aumento preoccupante della glicemia.
Oggi però, per la prima volta, mi decido a tenerne traccia e il risultato farebbe inorridire la mia dietologa Hitleriana.
Per intenderci, cominciamo la giornata prendendo caffè e latte sulla terrazza dell'albergo. Guardiamo il panorama e diamo l'addio ai minareti delle moschee mentre la Ste scatta foto a raffica.
Usciamo e dopo neanche 100 passi decidiamo di aver bisogno di una colazione: Paola compra biscotti allo spaccio e io e Lalla facciamo una puntata dal panettiere all'angolo dove proviamo delle specie di piccoli panini ripieni di patate, che sono assolutamente squisiti, ma hanno obbiettivamente la consistenza del piombo.
Non paghe riusciamo appena ad arrivare di fronte ad Aya Sofia (quindi meno di 10 minuti di cammino) ed ecco che ci fermiamo al chiosco delle spremute di melograna. Poi ci stravacchiamo su una panchina e prendiamo un po’ di sole godendoci il viavai della gente dimostrando di eccellere, come sempre nella sublime arte del perdere tempo.
Finalmente prendiamo il coraggio necessario a metterci in fila di fronte ad Aya Sofia e ci godiamo il museo e i bellissimi mosaici.
Mentre siamo lì, col naso all’aria, ecco di nuovo Renata e Giuseppe. Tempo di vederci e lei ci ha già fatto assaggiare delle buonissime caramelle artigianali comprate chissà dove, e consigliato dove bere e comprare il miglior caffè turco di Istanbul...come al solito di fronte alla sua organizzazione noi sembriamo l'armata Brancaleone.
Finiamo la nostra visita e una volta fuori come evitare di metterci in fila ai chioschi di castagne e pannocchie? Detto fatto. E subito dopo come rinunciare ad un the caldo? Ed eccoci di nuovo sedute al sole con the e caffè di fronte. Siamo decisissime ad ignorare la Festa del sacrificio e partiamo alla ricerca del Gran Bazar sperando di trovarlo aperto come per magia, ma purtroppo le nostre speranze si infrangono di fronte ai cancelli sbarrati e non ci resta che soffocare la delusione mangiucchiando i biscotti di Paola mentre sconsolate torniamo verso Eminonu.
Stiamo letteralmente vagando a caso quando dall’altra parte della strada vediamo, ancora una volta, Renata e Giuseppe. Ci avviciniamo titubanti chiedendoci se ci denunceranno per stalking, ma non appena ci vedono si sbracciano per salutarci, scambiamo veloci sette parole, in cui lei riesce ad indicarci almeno diciotto moschee di cui non sapevamo neppure l'esistenza per poi sparire in una stradina laterale.
Noi ci rimettiamo in marcia decise a trovare almeno uno dei negozi consigliati da Renata e ci dirigiamo verso l confusione del ponte Galata decise ad esplorare il dedalo di stradine che circondano Eminonu. La folla è incredibile: turisti e non si accalcano di fronte alle bancarelle di alimentari dove i negozianti fanno a gara ad offrire assaggi dei loro prodotti. Noi ci lasciamo trascinare dal fiume di persone e tra uno spintone e l’altro proviamo tutto quello che ci viene offerto: per intenderci io rischio l'intolleranza al lattosio a furia di mangiare assaggi di formaggio assolutamente squisito.
Con la pancia piena che altro si può fare se non fermarsi nel primo spaccio di kebap per il colpo di grazia? Nulla, direte voi, e infatti ci infiliamo in un piccolo ristorantino, saliamo nella saletta interna e ordiniamo 4 enormi panini e mentre ci riposiamo guardiamo il passeggio convulso sulla strada sotto di noi cercando il coraggio di scendere di nuovo tra la gente.
Dopo un po’ rieccoci in cammino, compriamo caffè turco da portare a casa, poi ci imbarchiamo nell'impresa ciclopica di attraversare il ponte Galata a piedi tra folla e smog.
Siamo esattamente a metà, non un passo di più, quando Lalla si impunta e ci informa che è il momento di provar a fumare il narghilè. Tra i tanti locali ammassati sotto il ponte, non si sa bene come, finiamo per scegliere il peggiore. Sembra una disco anni ottanta, con divanetti di velluto nero, tappezzeria argentata ed enormi palle stroboscopiche appese al soffitto. Il proprietario è un incrocio tra un avventuriero di terza classe e la fotocopia burina di Jonny Depp. Però ci divertiamo un sacco a provare il narghilè che emana un profumo di gomma da masticare alla fragola in grado di inebriare chiunque.
Decidiamo di tornare alla Torre di Galata e continuare l’esplorazione dei vicoletti che la circondano, ma prima facciamo l’ennesima pausa merenda fermandoci in un caffè dall’aria romantica che serve un espresso mediocre, ma anche torte che da sole potrebbero sfamare una famiglia per mesi.
Facciamo un po’ di shopping e poi ci rassegniamo a tornare in albergo. Ci sono le valige da preparare e come al solito la mole di acquisti è tale da darci la certezza matematica di non avere abbastanza spazio per tutto.
Così prendiamo un taxi e siamo lì a fare gli scongiuri pregando di sopravvivere alla guida turca quando Lalla ed io decidiamo di non aver comprato abbastanza dolci, così scendiamo al volo per cercare un negozio ancora aperto… e, chiaramente, finiamo con l’entrare nella pasticceria più cara di Istanbul.
Per intenderci spediamo più di 50 euro di pasticcini a testa e quando usciamo in strada stiamo letteralmente aggrappate ai nostri pacchetti per timore che qualcuno decida di darci una botta in testa e derubarci. Ma a Paola e La Ste non va meglio, perché dovrebbero precederci in albergo, ma il tassista ha qualche problema ad orientarsi e si perde 18 volte prima di arrendersi e lasciarle, disperato, sotto la Moschea Blu.
Per fortuna finiamo la serata in un ristorantino tranquillo e poi ci rassegniamo a tornare all’incombenza valige. E come ogni sacrosanta volta passiamo due ore a spingere, riporre, piegare e schiacciare inutilmente l’eccesso di bagaglio.
IL mattino dopo aspettiamo il taxi con l’aria delle condannate a morte.
Il taxi che deve portarci in aeroporto è in ritardo di quasi 10 minuti e come tutti sanno i ritardi prima di prendere un aereo hanno il potere di farmi diventare lievemente ansiotica. Paola poi, è stata male durante la notte e praticamente ce la portiamo dietro a braccia, e come se non bastasse in aeroporto Lalla va in astinenza da nicotina cosa che da sempre la rende più pericolosa di uno squalo tigre a digiuno da una settimana.
Cerchiamo conforto in un bar dell’aeroporto, dove speriamo di fare colazione riprendere contatto con la nostra parte umana. Peccato che abbiamo finito le nostre lire turche e ci tocca una colletta per riuscire a dividere 2 caffè e un paio di sfogliatine. Per fortuna al check-in non ci fanno pagare il sovraprezzo per il peso dei bagagli che imbarchiamo altrimenti finiremmo a chiedere l’elemosina per poterci pagare il rientro.
Quando arriviamo in Italia, il lieve malore di Paola si è tramutato in una otite che la terrà a letto per una settimana, e noi tre siamo più sbattute di uno straccio da pavimenti.
Ma la vacanza è stata semplicemente perfetta, quindi troviamo la forza di scattare ancora un paio di foto mentre aspettiamo che qualche anima pia ci venga a prendere e ci riporti a casa, distrutte ma soddisfatte.



Unico assente ingiustificato il gran bazar: sarà quindi necessario tornare ad Istanbul e colmare anche questa lacuna.

sabato 10 marzo 2012

Giornata di Fiera... (e 52 Week Project 2012 - 10 settimana)

...tutto il giornoa  scrappare, chiacchierare (e io chiacchiero taantissimooo, vero Grazia?? ) e ovviamente a fare shopping...
Pubblico al volo una fotina...Grazia, Sara ed io... e il famigerato glimmer mist "SHAKE WELL" di Grazia!!


 

domenica 4 marzo 2012

52 Week Project 2012 - 9 settimana

Bottoni!!!!
In assoluto una delle cose che mi piace di più usare nei vari progetti scrap...
Nona foto...sempre sul filo della scadenza della settimana :-)

sabato 3 marzo 2012

Hospital Kit

Qualche giorno fa un mio amico si è ricoverato per una operazione di routine ma con una lunga e noiosa degenza. E io volevo fargli un pensierino...ho chiesto in lista, raccolto idee e sbirciato in internet, scaricato qualche immagine e alla fine ho preparato Un Kit di Sopravvivenza da Ospedale... 




Cosa ci ho messo dentro? : un kit per per la cura del viso (schiuma da barba, peeling, crema idratante e dopobarba), un burro di cacao, una tisana rilassante con tazza e pinza porta the, una moleskine con penne e pennarelli, un libro divertente e un candela profumata. Insomma l'indispensabile per sopravvivere ad una lunga degenza.


 E ovviamente una card di auguri...

giovedì 1 marzo 2012

LO del mese Prima: Gennaio!!

In ritardo di un giorno, ecco la mia prima pagina sul LO del mese prima, fatto con le foto di Gennaio.
In realtà mi sono accorta subito che il massimo di 2 LO richiesti da Rita erano davvero troppo pochi per le mie foto di gennaio, quindi il mio progetto è un po' più lungo e qui posto solo la prima pagina, l'introduzione per il mese di gennaio...

52 Week Project 2012 - 8 settimana

Molto in ritardo... Venerdì 3 Marzo, ultimo giorno di prevention. fa un po' strano vedere la nostra area così quieta :-)